martedì 29 marzo 2011

IL DISCERNIMENTO

Tutti i cristiani battezzati devono essere coinvolti nel discernimento, perché ad essi è garantito il dono dello Spirito Santo e ognuno partecipa secondo la sua grazia, in modo che tutti “siano una cosa sola”. Al ministero ordinato è affidata la decisione che raccoglie in unità le diverse valutazioni dei credenti e le fa diventare scelta definitiva, ecco allora l’importanza dei consigli pastorali.  Attraverso gli Atti degli Apostoli si può ben vedere questo discernimento spirituale comunitario, il quale ha fatto si che non la maggioranza degli uomini ma lo Spirito Santo nel collegio degli Apostoli ha sostituito Giuda Iscariota. E ancora nella lettera ai Romani: 12, 1-2 “non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto”. Nessuno ha per diritto la Verità e nella comunità non significa decidere, come dicevo, per maggioranza, il criterio più sicuro non è questo ma quello della santità perché maggioranza e santità non sempre coincidono. Il discernimento spirituale comunitario è anche il metodo per intuire i “segni dei tempi” e saperli accogliere come mezzi attraverso i quali Dio parla al suo popolo. Per abilitarsi al discernimento occorre infine un’opera formativa permanente che matura attraverso l’allenamento continuo a interpretare la realtà con i criteri evangelici e si fonda su una robusta spiritualità, che significa rapporto stretto con lo Spirito Santo per potervi collaborare.
Cristo parla anche attraverso i fatti, ed esiste una difficoltà nell’andare alla radice dei fatti, del loro significato. Decisivo il rimando alla Parola di Dio.
La conoscenza della Sacra Scrittura e della Persona di Cristo e la partecipazione alle celebrazioni comunitarie sono modalità per attuare il discernimento. C’è poi la celebrazione Eucaristica dove ognuno di noi, con la propria capacità accoglie la Parola di Dio e la mette in relazione con la propria vita, ma ognuno può usufruire dell’apporto delle risonanze dei fratelli e l’ascolto delle risonanze dei fratelli aiuta nel discernere la volontà di Dio nel combattimento spirituale. Il discernimento spirituale comunitario può essere perfetto se impariamo ad ascoltarci gli uni gli altri, pregando insieme, ascoltando gli insegnamenti della Chiesa. Il discernimento spirituale è uno dei modi in cui l’amore si fa conoscenza e orienta nelle scelte. La Chiesa ci mostra la bellezza della comunità cristiana se vissuta nel suo interno, perché è solo tra noi fratelli accompagnati dai consacrati che possiamo arrivare a vedere come Dio opera attraverso le sue creature, e nello stesso tempo noi creature possiamo entrare nella mentalità di Dio e capire cosa Lui vuole da noi.
Che tutti noi possiamo essere una cosa sola nella Chiesa. La bellezza della partecipazione porta a conoscere la comunità di appartenenza e operare in base ai bisogni, non solo degli ultimi, ma pure di quei fratelli che hanno bisogno di un sorriso e di un abbraccio accompagnati dalla Parola di Dio, unica fonte di speranza.

domenica 20 marzo 2011

                     LA TRASFIGURAZIONE DI GESU’

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 17,1-9.

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.
E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.
Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».
All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore.
Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete».
Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.
E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».

RIFLESSIONE: 

Oggi abbiamo la grazia di meditare su Gesù trasfigurato. Quando penso a questo avvenimento non posso che provare tenerezza e amore verso i nostri tre apostoli che davanti alla luce di Dio hanno provato timore fino ad abbassare la testa a terra. Quale fortuna hanno avuto di vedere con i propri occhi la luce di Dio! Anche noi però, tramite la loro testimonianza, possiamo vivere questa bella esperienza con l’Eucarestia, i Sacramenti e con l’ascolto della Parola di Dio.
La trasfigurazione di Gesù mi fa riflettere come nel mondo vi sono molte persone che emanano la luce di Dio con le loro opere e l’amore per il prossimo, mentre in altri casi vediamo le tenebre che l’uomo sa portare con la sua arroganza. In questi giorni di grande pena per il mondo intero, possiamo vivere le tenebre che la Libia ci sta mostrando, dove un uomo soltanto sa opprimere un popolo intero, con il rischio di coinvolgere anche altri popoli nella sua demoniaca avventura.
All’inverso possiamo vedere il Giappone, dove alcuni uomini rischiando la propria vita, tentano di fermare una situazione che può essere catastrofica per tutti. “Le tenebre e la luce!!”
Nel Paradiso terrestre prima del peccato, Adamo ed Eva erano luminosi, perché possedevano la divinità del Padre. Dopo tale peccato hanno sperimentato la nudità, la quale non è solo avere un corpo nudo, ma più ancora è la rivalità, la cattiveria, l’odio che il demonio ha trasmesso nei loro cuori e così per tutte le generazioni future, rendendo l’uomo privo della luce di Dio.
Possiamo allora da tutto ciò dedurre che, con la partecipazione ai Sacramenti, grande dono che Cristo ci ha lasciato, possiamo conoscerlo dentro di noi, e mettendo in pratica il suo insegnamento avere la grazia di essere trasfigurati in Lui.
Dobbiamo ringraziare ogni giorno Dio Padre che vuole la nostra salvezza, e dopo tanti secoli, non avendo più nulla da dire all'uomo, dona il proprio Figlio perché lo seguiamo e conosciamo tramite Lui il Suo volto. 
Ecco allora che ogni missionario operante nel suo nome, porta grande speranza a tutte le persone che non conoscono Gesù salvatore.
La trasfigurazione è la prova certa che Gesù è la luce del mondo.




                                               

giovedì 10 marzo 2011

                    ESODO 1, 22

NELLA GIORNATA ODIERNA SUL BREVIARIO SI PUO’ MEDITARE QUESTA SCRITTURA.

Questi sono i nomi dei figli d'Israele entrati in Egitto con Giacobbe e arrivati ognuno con la sua famiglia:  Ruben, Simeone, Levi e Giuda, 3 Issacar, Zàbulon e Beniamino, Dan e Nèftali, Gad e Aser. Tutte le persone nate da Giacobbe erano settanta, Giuseppe si trovava già in Egitto.
Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. I figli d'Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto potenti e il paese ne fu ripieno.
Allora sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. E disse al suo popolo:
«Ecco che il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più forte di noi. Prendiamo provvedimenti nei suoi riguardi per impedire che aumenti, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese». Allora vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e così costruirono per il faraone le città-deposito, cioè Pitom e Ramses.
Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva oltre misura; si cominciò a sentire come un incubo la presenza dei figli d'Israele.  Per questo gli Egiziani fecero lavorare i figli d'Israele trattandoli duramente. Resero loro amara la vita costringendoli a fabbricare mattoni di argilla e con ogni sorta di lavoro nei campi: e a tutti questi lavori li obbligarono con durezza.
Poi il re d'Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l'altra Pua: «Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere». Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono vivere i bambini. Il re d'Egitto chiamò le levatrici e disse loro: «Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini?». Le levatrici risposero al faraone: «Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito!». Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia. Allora il faraone diede quest'ordine a tutto il suo popolo: «Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia».

LEGGO E RIFLETTO.

Quando leggo questi brani, il mio intelletto per grazia, si spalanca alla comprensione di chi è Dio, cosa vuole da noi, e come dobbiamo essere nei riguardi dei fratelli anche se stranieri, ma pur sempre suoi figli. Gli Egiziani con la loro presunzione di credere che il faraone fosse Dio senza ascoltare chi invece portava anche a loro la Parola del vero Dio, hanno creato molti disastri e sofferenze; soffrivano di quelle paure tipiche di chi non vuole donare quello che possiede, anche ad altri popoli. Se noi ci ribelliamo agli eventi che possono sembrarci strani, il Signore va ugualmente avanti con il suo progetto. Infatti vediamo al giorno d’oggi nel nome di non so quale Dio, si opprimono cristiani, si perseguitano, ma nello stesso tempo molti cristiani per interesse o potere opprimono altri popoli sfruttandoli proprio come è successo agli Ebrei in Egitto. So bene che l’uomo finché ci sarà mondo sarà sempre così, ma allora mi domando: Cristo per che cosa è venuto? Ci ha insegnato come essere, come accogliere, come amare, come perdonare e come donarci. Sappiamo tutti che una nazione deve saper tenere sotto controllo i movimenti dei popoli che sicuramente nel loro interno vive anche la malavita, ma donare a chi vuol lavorare un’accoglienza degna di un essere umano, senza perseguitarli con procedure snervanti e dando loro un lavoro degno di un essere umano portando in questo modo pace.
So anche che non è facile, ma un popolo accogliente sa mettere pace anche in coloro che la pace per vari motivi religiosi e politici non la conosce, perché la pace prima viene da noi, e se noi l’abbiamo anche la doniamo.
Si vede un mondo che si muove, che emigra con una velocità supersonica; popoli sofferenti, affamati, assetati, molto poveri a causa di politiche nazionali di potere e sopruso, ma che pure la nostra economia non fa nulla per dare una mano, anzi, spesse volte causa guadagni lucrosi, specula proprio sui più poveri.

La scrittura ci dice che gli anni trascorrono e la famiglia di Giuseppe ormai non c’è più, ma gli Israeliti che erano prolifici hanno messo paura al faraone convinto di perdere il potere e la gloria.
I tempi non cambiano, l’uomo è sempre quello.

Ma la cosa bella di questa lettura è la figura delle levatrici, le quali essendo Ebree, conoscevano bene il loro Dio e hanno operato secondo Suo volere.
Qui mi viene in mente la nostra società che ammazza i bambini per controllare le nascite e per dare quella falsa libertà che non porta a nulla se non alla distruzione del popolo.
In Italia vediamo che la gente ha paura dei figli degli stranieri; loro vengono, sono prolifici e grazie a questo saranno un giorno una forza lavoro quella che noi stiamo perdendo causa una società ormai vecchia.
Se noi prendessimo nella mano sinistra il giornale e nella destra la Bibbia, leggendoli scopriremmo come i tempi ritornano e gli errori che l’uomo fa si ripetono. Ma un popolo cristiano non dovrebbe operare in modo diverso? Non dovrebbe proporre leggi per la vita, per la pace, per una giusta solidarietà?
La storia ci dovrebbe educare, si vede bene leggendo questo brano che gli Egiziani avevano perso la memoria storica di chi erano gli Ebrei e quale Dio adoravano. Però, nonostante la scelta di far morire tutti i bambini maschi del popolo Ebraico, Dio salvò Mosè, e tutti gli Israeliti alla fine furono ugualmente liberati ma la peggio l’hanno avuta gli Egiziani con le 10 calamità.
Tutto ciò dovrebbe farci riflettere.

lunedì 7 marzo 2011

SPIRITUALITA'

                                  Discorso spirituale di san Doroteo, abate.
      La ragione di ogni turbamento è che nessuno accusa se stesso.

Cerchiamo, fratelli, di vedere da che cosa soprattutto derivi il fatto che, quando qualcuno ha sentito una parola molesta, spesso se ne va senza alcuna reazione, come se non l’avesse udita, mentre talvolta appena l’ha sentita si turba e si affligge.
Qual è , mi domando, la causa di questa differenza? Questo fatto ha una o più spiegazioni? Io mi rendo conto che vi sono più spiegazioni e motivi, ma ve n’è una che sta davanti alle altre e che genera tutte le altre, secondo quanto disse un tale: “Questo deriva dalla particolare condizione in cui talora qualcuno viene a trovarsi.
Chi infatti si trova in preghiera o in contemplazione, facilmente sopporta il fratello che lo insulta, e rimane imperturbato. Talvolta questo avviene per il troppo affetto da cui qualcuno è animato verso qualche fratello. Per questo affetto egli sopporta da lui ogni cosa con molta pazienza.
Questo può inoltre derivare dal disprezzo. Quando uno disprezza o schernisce chi abbia voluto irritarlo, disdegna di guardarlo o di rivolgergli la parola, o di accennare parlando con qualcuno, ai suoi insulti e alle sue maldicenze, considerandolo come il più vile di tutti.
Da tutto questo può derivare il fatto, come ho detto, che qualcuno non si turbi, né si affligga se disprezzato o non prenda in considerazione le cose che gli vengono dette. Accade invece che qualcuno si turbi o si affligga per le parole di un fratello allorquando si trova in una condizione molto critica o quando odia quel fratello. Vi sono tuttavia anche molte altre cause
Di questo stesso fenomeno che vengono diversamente presentate. Ma la ragione prima di ogni turbamento, se facciamo una diligente indagine, la si trova nel fatto che ognuno non incolpa se stesso. Da qui scaturisce ogni cruccio e travaglio, qui sta la ragione per cui non abbiamo mai un po’ di pace; né ci dobbiamo meravigliare, poiché abbiamo appreso da santi uomini che non esiste per noi altra strada all’infuori di questa per giungere alla tranquillità. Che le cose stiano proprio così lo constatiamo in moltissimi casi. E noi, inoperosi e amanti della tranquillità, ci illudiamo e crediamo di aver intrapresa la via giusta allorché in tutte le cose siamo insofferenti, non accettando mai di incolpare noi stessi.
Così stanno le cose. Per quante virtù possegga l’uomo, fossero pure innumerevoli e infinite, se si allontana da questa strada, non avrà mai pace, ma sarà sempre afflitto o affliggerà gli altri, e si affaticherà invano.

RIFLETTO:
Quando prego la coroncina del Sacro Cuore di Gesù, c’è proprio un piccolo passo che ci fa chiedere al Signore di rendere il nostro cuore simile al suo. Un cuore che non si affanna, che non pianga di dolore per le offese ricevute, ma che possa essere modellato al suo.
Quanto è difficile imitarlo!
Siamo talmente presi da noi stessi che seppur spesso affermiamo di perdonare il fratello, rimane in noi l’incapacità di capirlo, perciò il perdono non è totale. Molte volte chiediamo il rispetto delle opinioni, del nostro agire, comportandoci poi diversamente nei loro riguardi, perché in questo mondo ci sono molte urla che ci stordiscono e non ci danno quella pace tanto desiderata. Come dice San Doroteo, la pace deve essere prima di tutto nel nostro cuore. La preghiera, vivere il Vangelo, seguire i santi è cosa buona. Seguire Gesù non è facile, ognuno di noi è chiamato alla santità ma com’è dura!
Quando penso ai santi martiri come lo è stato Bhatti, Massimiliano Kolbe, ma pure le vergini che hanno dato la vita per non sottostare alle violenze dei demoni, ecco dicevo, pensando a loro, mi vedo piccola e fragile, sempre bisognosa dell’aiuto di Gesù.
Grazie a Dio vi sono queste letture illuminanti, ed è solo attraverso la nostra Chiesa cattolica che davvero possiamo fare quei piccoli passi verso la sospirata santità.

venerdì 4 marzo 2011

SANTO DEL GIORNO

                                               San Casimiro.

La regina Elisabetta d’Asburgo ebbe tredici figli, dodici dei quali cinsero la corona regale e uno, Casimiro appunto, quella ben più gloriosa dei santi. Casimiro era nato a Cracovia nel 1458 dal re di Polonia. Quando gli Ungheresi si ribellarono al loro re, Mattia Corvino, offrirono al tredicenne principe Casimiro  la corona. Ma questi vi rinunciò appena seppe che il Papa si era dichiarato contrario alla deposizione de regnante e all’imposizione con la forza del giovane re. Il principe aveva infatti come “ambizione” di realizzare l’ideale ascetico della povertà e dell’umiltà. Fu servitore diligente del suo Stato, ma non si piegò alle ragioni di Stato quando gli venne proposto dal padre il matrimonio con la figlia di Federico III, per allargare, con la politica matrimoniale, i già estesi confini del regno. Il principe Casimiro non voleva venir meno al suo ideale ascetico di purezza per  vantaggi materiali. Bellissimo, ammirato e corteggiato, egli aveva riservato il suo cuore unicamente alla Vergine. Dopo aver predetto il giorno della sua morte, si addormentò nella pace di Dio all’età di venticinque anni il 4 marzo 1484. Subito dopo la sua morte ebbe la venerazione unanime di tutto ilo popolo polacco. Nel 1521 papa Leone X lo incluse nell’elenco dei santi, dichiarandolo patrono della Polonia e della Lituania.