mercoledì 26 gennaio 2011

EMMAUS


EMMAUS UN CAMMINO DI GUARIGIONE


(Lc:24, 13-29)
Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto.
Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.
Ed egli disse loro: « Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino? ». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: « Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni? ».
Domandò: « Che cosa? ». Gli risposero: « Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l' hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.
Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l' hanno visto ». Ed egli disse loro: « Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? ». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: « Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino ». Egli entrò per rimanere con loro.

                                                                             

Mi piace riflettere su questo brano che ci indica come leggere nella sapienza le scritture. Camminare sui passi di Gesù a Gerusalemme mi ha fatto capire come anche noi siamo sempre bisognosi del suo aiuto per leggere nel giusto modo la scrittura. Mentre si viaggiava da un posto all’altro, il biblista sul pullman o fuori di una determinata chiesa, ci spiegava il lato storico ma ancor di più cosa Gesù in quel brano voleva insegnarci. Mi ricordo con tanto amore i luoghi come Emmaus, Nazareth, Betlemme, Gerico dove in questa cittadina come ricordo è posto ancora su un angolo di una strada un “sicomoro”. Tornando a riflettere con il brano di “Emmaus” voglio far capire che bisogna riconoscersi in questa scrittura.
Generalmente non ci rendiamo conto che esso rappresenta la sintesi del nostro cammino spirituale. Facilmente perdiamo la fiducia in Dio e camminiamo delusi e amareggiati lungo il percorso della nostra esistenza. L’evangelista dice: ”due di loro”, non sono quindi due seguaci occasionali, ma due membri effettivi della comunità legata a Gesù che hanno condiviso con Lui momenti importanti della loro vita. Questa è una situazione che si ripete spesso nella vita della Chiesa, ci sono cristiani che per anni hanno lavorato con impegno nella loro comunità e all’improvviso abbandonano la corsa. Il cammino è un’immagine biblica che rappresenta la vita dell’uomo, il seguire una linea retta che conduce a Dio e alla piena comunione con Lui.
Sappiamo tutti che Gerusalemme è il luogo dove Gesù muore, risorge e dona lo Spirito Santo. Nella vita spirituale perciò, allontanarsi da Gerusalemme significa allontanarsi da Dio e dalle sue promesse, perché lontano da Gerusalemme si perde la relazione con il Signore, il gusto della preghiera, e come conseguenza di ciò, pian piano si abbandona Cristo e si sperimenta cosa significa essere risucchiati dal mondo. Medito e scrivo perciò che, anche i discepoli hanno sperimentato la loro” NOTTE”, ma Gesù risorto li mette in guardia e ordina categoricamente di “NON ALLONTANARSI DA GERUSALEMME, MA DI ATTENDERE CHE SI ADEMPISSE LA PROMESSA DEL PADRE”
Anche quando qualcuno si allontana da Lui, Egli non l’abbandona, ma prende l’iniziativa e scende a cercarlo, lo spinge a tornare ancora a Gerusalemme.
Gesù opera in noi solo se siamo docili all’ascolto, diversamente, da questa Gerusalemme ci allontaneremo sempre più seguendo solo il mondo il quale ci indica strade lontane da Dio.


Cristo domanda: "Che cosa?" (24,19)


A questa domanda i discepoli risposero: Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno.
Con questa domanda di Gesù vediamo la causa che li ha fatti allontanare da Gerusalemme. Sfogandosi raccontano la vita, la predicazione, i miracoli di Gesù, ma soprattutto pongono l’accento sulla sua crocifissione e morte e sul calvario sono morte anche le loro speranze. I due però conoscono anche la testimonianza delle donne le quali hanno trovato il sepolcro vuoto ma che avevano visto il Signore vivo. Per di più conoscono pure la testimonianza di Simone e Giovanni che avevano trovato la tomba vuota, ma i due non hanno creduto né alle donne, né ai pilastri della Chiesa. Per questo motivo non sono andati al sepolcro a controllarne personalmente i fatti.
Tutto ciò mette in evidenza una cosa,la  più importante: i due discepoli sono testimoni oculari della morte e cronisti della resurrezione.
Questo ci deve far riflettere, perché anche noi siamo testimoni quando parliamo di Gesù, ma se gli altri non ci danno credito è perché non testimoniamo la Sua presenza nel nostro cuore.
Se viviamo una cristianità, e il messaggio lo annunciamo con tristezza, amarezza, delusione e soprattutto dimostriamo poca fiducia in Cristo Salvatore, facciamo come i due discepoli che dissero:  “Noi speravamo fosse Lui a liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute”.
 “Noi speravamo”, rivela la fiamma della speranza che si è spenta. Hanno perso la cosa più preziosa che un credente in Dio deve avere: “la speranza”
Il secondo atteggiamento sbagliato è quello di costruire un’immagine erronea di Dio, volere un Messia politico, potente e guerriero, in altre parole un messia trionfatore.
Spesso nella Chiesa si cerca di far carriera, di avere successo, ricevere applausi, lodi e ringraziamenti, e se non si raggiunge questo scopo si va in crisi.
Questa è proprio l’interpretazione che Gesù dà ai discepoli di Emmaus: non è attraverso il successo che il Cristo entra nella sua gloria, ma attraverso il fallimento della croce.

Credere alla parola dei profeti (Lc: 24,25)


                                                      


“Sciocchi e tardi di cuore” si trova spesso nella Bibbia e significa che non si ha il cuore per accogliere Dio, i suoi progetti d’amore e le sue parole. Nel cuore Dio si rivela e parla all’uomo proprio da questo organo, ma se esso è indurito, la sua Parola non può essere accolta. Pur essendo i discepoli di Emmaus Ebrei, educati al culto fin da piccoli, fedeli alle tradizioni e che sicuramente hanno partecipato alle funzioni religiose dove hanno ascoltato la parola dei profeti, in realtà, non l’hanno mai accolta nel cuore.
Questo è l’atteggiamento tipico di molti cattolici che partecipano alle celebrazioni liturgiche, ascoltano la Parola di Dio ma non l’accolgono nel cuore. Infatti molti cattolici sono attivi nelle parrocchie, lavorano, sono disponibili, molti fanno parte dei movimenti ecclesiali, senza però aver fiducia nella Parola di Dio.
C’è un brano di Marco che ci può far capire l’importanza di ciò che sto dicendo.
(Mc: 6,20) “Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell’ascoltarlo restava perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri”.
In questo brano Giovanni si trova in prigione e dalla sua cella come profeta di Dio denuncia il peccato di Erode: “Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello” (Mc 6,18). Ma la cosa che mi colpisce di più è che Giovanni ascolta volentieri la parola del profeta, ma non ha desiderio di cambiare.
Ecco allora che, come dicevo prima, anche noi spesso ascoltiamo in chiesa la Parola di Dio, ma la volontà di cambiare molto spesso non c’è. Ecco allora che la Parola non può produrre frutto, dobbiamo aprirci ad essa mettendola in pratica e non vivere solo da ascoltatori.

 “E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le scritture ciò che si riferiva a Lui”. (Lc 24,27)

Proseguendo con questo meraviglioso racconto, cammino anch’io con Gesù e ascolto la sua voce. Lui che è stato luce per le menti dei discepoli, chiedo anch’io la grazia della vera comprensione.
Mi soffermo sulla frase: “E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le scritture ciò che si riferiva a Lui”. (Lc 24,27)
Quando Gesù parla ai discepoli e cita “Mosè e i profeti”, indica la Bibbia Ebraica, il nostro AT. Il Cristo parlando ai due, non fa altro che abbracciare tutti i libri della scrittura. Qui abbiamo un aspetto vitale della fede: tutta la scrittura parla del Cristo e allo stesso tempo è Cristo. Perciò ritengo giusto sottolineare che la Bibbia non è un libro, ma una persona, è il Figlio del Dio vivente che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. (Gv 1,14).
Nel cammino dei discepoli di Emmaus non è un rabbino che parla, ma è il verbo, la Parola di Dio in persona. Si tratta perciò di 10-11 Km di balsamo dove la parola di Dio risana il cuore dell’uomo dalla disperazione più profonda. E’ una parola “viva ed efficace”, che guarisce le ferite più nascoste. Non per niente Gesù dice: “Io sono la Verità e la vita”. Analizzando queste due paroline “verità e vita” si può dire che la verità di Gesù è ben diversa dalla verità del mondo. Tutte le persone che amano la “Verità” amano la giustizia di Dio, la quale è innata in noi, donata da Lui, ma che la concupiscenza ce lo fa dimenticare, convincendoci che la verità del mondo sia quella giusta a cui obbedire. Se nel mondo c’è così tanta ingiustizia, vuol dire che la “Verità” non la si conosce.
Meditando invece sulla parola “Vita”, possiamo ben pensare che, non solo alla nascita godiamo della vita, ma seguendo le leggi di Dio riusciamo a mantenerci sani nell’anima e perciò belli e sani nel corpo. Spesso con fatica nella vita riusciamo ad allontanare quei vizi che ci distruggono l’esistenza (fumo, alcool, droga, sesso, ma pure la malalingua, la falsità ecc.). Non illudiamoci, tutti i vizi accorciano la nostra vita dandoci sofferenza anche durante la vecchiaia, trasformando invece questi vizi in virtù, troviamo la sanità del corpo, ma pure un rapporto diverso con il prossimo, un rapporto che ci porta ad amare di più perché le virtù sono la via del paradiso, per godere così della “vita eterna” promessa da Gesù; ma senza conoscere la Parola di Dio è difficile per noi il cammino di perfezione.
Il libro della sapienza afferma: “Non li guarì né un’erba, né un emolliente, ma la tua Parola, o Signore che tutto risana”. (Sap. 16,12). E’ inoltre una Parola che fa ardere i cuori con il fuoco che Cristo è venuto a portare sulla terra. (Lc 12, 49). Questo fuoco si chiama “Spirito Santo” autore di ogni vita.

La lettura della Parola.


La Parola di Dio:  la sua lettura ci istruisce per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Gesù. Leggere la Bibbia non è facoltativo, ma è fondamentale, perché essa è come la bussola che orienta la vita degli uomini verso la salvezza. “Chi ascolta la mia Parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna”. (Gv 5,24). Leggendola ogni giorno ci diventa familiare, ci illumina, ci cambia, insomma ci rende più umani. La Bibbia è il libro più venduto al mondo, ma pochi la conoscono, e molti ne ignorano completamente il contenuto, perché invece di leggerla, approfondirla ed essere da Essa nutriti, si preferisce guardare programmi banali in tv. Si preferisce leggere giornali e riviste che non insegnano nulla ma che spesso inducono alla pornografia i nostri giovani. Anche molti genitori non amano più meditare la Bibbia ignorando così cosa il Signore ci chiede per il nostro bene. Ci sono libri o giornali, ma pure molti programmi televisivi che suscitano dubbi e confusioni sul cristianesimo e sulla Chiesa, e vedo molti cristiani che seguendo volentieri tutto ciò, trovando un alibi per non andare più in chiesa.

L’ascolto della Parola:

“Il sacerdote Esdra lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno, in presenza di uomini e donne e tutti quelli che erano capaci di intendere: tutto il popolo porgeva l’orecchio a sentire il libro della legge: (Ne 8, 2-3)”.
Il libro di Neemia ci racconta che dopo il ritorno dall’esilio, il popolo di Israele cambia atteggiamento verso la Parola di Dio. Infatti la schiavitù e la sofferenza li ha cotti in un brodo di sofferenza portandoli a valorizzare ed apprezzare le scritture. Qui vediamo che tutto il popolo “porge l’orecchio” per udire per 5 ore di seguito la Parola di Dio.
Il Signore parla agli uomini attraverso la sua Parola e anche Lui come noi che quando parliamo gradiamo essere ascoltati, così anche Lui è felice vedere i suoi figli che l’ascoltano.
Quando leggo la Bibbia e soprattutto i profeti, che con la loro possente voce hanno sempre indirizzato il popolo a leggere la scrittura e seguire Dio, mi vengono alla mente le fatiche anche dei nostri sacerdoti che con tanto amore organizzano giornate di spiritualità proprio per dare alla comunità un momento di ascolto e preghiera: “Lampada per i miei passi è la tua Parola o Signore!!” (Sal 119,105)


                                                     

La Parola di Dio è una "lampada" capace di illuminare i passi che si devono fare. E' necessario pregare con la Bibbia, accostarsi ad essa con grande fede, come se si sentisse respirare Dio stesso. La Bibbia deve essere accompagnata dalla preghiera, perchè si stabilisca il dialogo tra Dio e l'uomo; quando preghiamo, parliamo con Lui, e lo ascoltiamo nella lettura.
 
I discepoli di Emmaus nel cammino hanno parlato sicuramente molto con Gesù, hanno avuto l'opportunità di istruirsi con Lui e l’evangelista dice:
“Ma essi insistettero: resta qui con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino. Egli entrò per rimanere con loro”.
L’insistenza indica una richiesta perseverante che indica cioè, la volontà che il compagno rimanga; la preghiera insistente obbliga Cristo a rimanere con noi. E quando si “fa sera” e le ombre della notte ci avvolgono sotto forma di tristezza, scoraggiamento, amarezza, paura, depressione, solitudine, dobbiamo dirgli con tutto il cuore: “resta con noi”. Chiediamo a Dio ciò di cui abbiamo bisogno come fece Giacobbe che disse: “ Non ti lascerò andare se non mi avrai benedetto!” (Gen 32,27). Se preghiamo così, Dio rimane sempre con noi.

                                                           

                                                      

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